Lunedì scorso. Pomeriggio e notte fuori dai radar mentali consueti.
Prima un incontro a Porto San Giorgio sul crollo demografico. Interessa? Certo che interessa. Riguarda la nostra Italia, anche la nostra Terra, i nostri borghi, la montagna e la collina alta. Si stanno spopolando, dopo un breve cenno di ripresa.
Un docente universitario in Molise, Fabio Ferrucci, sociologo di peso, spiega che l’Italia non raggiunge più da tempo il «tasso di sostituibilità»: 2,1 figlio, che la fascia giovane si assottiglia in modo preoccupante, che il welfare salterà per aria, che la fertilità delle donne straniere si sta allineando a quella italiana (in basso), che in gran parte i nuovi flussi immigratori sono ricongiungimenti di famiglie con donne che stanno terminando il ciclo fertile. Il problema è serio. Se ne discute poco, si maschera molto. Aiuterà un volume dal titolo “Sussidiarietà e… crisi demografica”.
Dal mare alla collina. Lapedona, agriturismo La Storiella, bordo piscina, in lontananza una specie di tramonto boreale. Una ex parlamentare del PCI, Orietta Baldelli, ha letto un libro esplosivo. “La Bellezza disarmata” di Julian Carron sta girando il mondo interloquendo con personaggi lontani dal mondo cattolico. L’ex comunista – forse ancora tale – si dice anti-clericale e snocciola le sue avversità alla chiesa istituzione. Ma Francesco primo (il santo) e Francesco secondo (il papa) le piacciono davvero. Come le piace il metodo di Carron che fu già di Luigi Giussani: incontro, confronto, apertura, esperienza.
Si può essere in disaccordo su alcuni passaggi da leggenda nera, ma il rapporto umano, non l’ideologia, è la cosa più preziosa. E con l’incontro il convivio a tavola.
La notte incombe e anche i lampi che zigzagano verso la montagna come improvvisi graffi bianchi nell’oscurità. A mezzanotte, con il vento che s’è alzato e spinge, trenta persone muovono a piedi nel buio. Qualcuno alza le braccia come un nuovo Icaro spinto dalle raffiche. Destinazione: la stupenda, suggestiva, improbabile, incredibile chiesa di Madonna Manù.
Antonino ci aspetta, ha le chiavi, è uno dei custodi.
Romanica, «costruita – come si legge nella guida – in conci di arenaria e abbellita da una serie di archetti pensili appena abbozzati sotto la linea di gronda», chissà quanti pellegrini, transumanti, popolani ha visto passare in mille anni della sua storia.
Siamo sopra la località di san Biagio, nei pressi era il “Navale romano”, forse era lì che Sisto V (Felice Peretti) avrebbe voluto far rinascere un porto. Sborsò 50 mila per l’impresa, che non si fece.
Manù! Quante interpretazioni e ricerche. La più probabile è quella della scritta in ebraico antico (Man-hu), che sovrasta, sulla parte esterna, la margherita a otto petali, che sta per «che cos’è questo?».
La guida parla dei Templari che usavano spesso il simbolo della margherita. Ed erano anche i custodi di un’urna d’oro contenente la manna, il cibo che salvò gli ebrei nel deserto, il cibo eucaristico. E cibo dell’anima, e della mente. Come il latte che sgorga dalla mammella di Maria (la Madonna del latte effigiata all’interno) per il piccolo Gesù.
Man-hu: che cos’è questo, allora, se non la risposta!
di Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, domenica 30 luglio 2017
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