Voci dalla Prima Repubblica. Quando Moro parlava, noi giovani Dc prendevamo appunti… Il ricordo di Guido Pelloni

Guido Pelloni da Fermo. Giornalista RAI, in gioventù iscritto alla Democrazia cristiana.

Il nostro colloquio parte da una foto in bianco e nero. 31 marzo 1977. Palazzo dei Congressi dell’EUR. Conferenza Nazionale Organizzativa della DC. In primo piano, il ministro degli Interni, on. Francesco Cossiga. Dietro, alcuni giovani, tra cui Guido Pelloni, occhiali fin da allora, in mano fogli di un probabile intervento.

Sono gli anni di fuoco e pallottole.

Pelloni, poi laureato in filosofia a Macerata con una tesi già significativa: La visione dello Stato in don Luigi Sturzo, entra nella DC a 19 anni. La piazza è scossa  dal Referendun sul divorzio.

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Guido Pelloni, giornalista RAI

Ha passato l’adolescenza nei gruppi dell’Azione cattolica. Valori e impegno. Sarà un sacerdote, don Enzo Nicolini, a spronarlo. «Perché non entri nella DC?». La domanda è un invito. Pelloni accetta. Entra nel Movimento giovanile. È il periodo «dei Dioscuri»: Walter Tulli e Pasqualino Macchini. Il primo considerato un democristiano di sinistra, il secondo spostato sul versante opposto. Leader del Movimento giovanile, in via di traghettamento nel partito, è Tonino Porto. Sono anche gli anni in cui emergono, nella provincia di Ascoli e Fermo, due personaggi destinati al Parlamento: Giuliano Silvestri e Franco Paoletti. Sanbenedettesi, saranno egemoni per lungo tempo.

Il primo impatto con la politica alta, Guido Pelloni ce l’ha nel 1975, nella Capitale, al tredicesimo Congresso Nazionale della Democrazia cristiana. C’è una sfida in corso tra due big: Benigno Zaccagnini e Arnaldo Forlani. Sul palco si alternano Andreotti, Gonella, Moro. I concetti sono di spessore. «Noi giovani stavamo con i blocchetti degli appunti aperti». Ideali e concretezze. Pelloni ricorda Andreotti citare Gozzano. C’è un respiro ampio che trova ossigeno nelle radici cristiane.

«A quei tempi – ricorda Guido – non si sapeva mai chi fosse alla fine il vincitore, sempre un testa a testa. Quella volta finì alle quattro del mattino con Zaccagnini eletto con il 51,5% contro il 48,5 di Forlani».

Ma c’è un altro congresso che ricorda. Il Movimento giovanile si ritrova a Bergamo per eleggere il suo segretario (sarà Marco Follini). Pelloni viene dalla provincia, è un po’ spaesato, ha in tasca diverse deleghe che userà nel voto. Un po’ impacciato incontra un caloroso giovane bolognese, elegantissimo, che gli viene incontro, quasi lo abbraccia chiamandolo per nome. «Ma chi è?» chiede Pelloni ad un suo amico. «È Pier Ferdinando Casini», la risposta. «Mi conosce?», la nuova domanda. «Non ti conosce proprio, ma sa quante deleghe porti in tasca», la nuova risposta. Fu in quella occasione che Aldo Moro stupì di nuovo il giovane Pelloni, per argomentazioni e profondità di vedute. Era la Democrazia cristiana, dove le grandi idee viaggiavano accanto a tesseramenti non sempre trasparenti.

Torniamo a quegli anni. «La sinistra Dc marchigiana si schiera con Donat-Cattin». È un ex operaio, capo sindacalista intransigente, partigiano bianco, dalle grandi letture e da una buona cultura, leader di Forze Nuove.

Pelloni inizia a frequentare i convegni di Saint Vincent. E lì incontra personaggi di spicco come l’economista Beniamino Adreatta o il sociologo Achille Ardigò. Un continuo arricchimento.

Arriva il tempo dell’impegno in consiglio comunale a Fermo. Dal 1980 al 1985, «con una bella squadra capeggiata da Fabrizio Fabi: un combattente».

Poi il lavoro da giornalista, la fine dell’impegno diretto in politica pur restandone attento osservatore.

Gli chiedo di concludere con una battuta sull’oggi. Lo fa con una frase di Kierkegaard: «La nave è in mano al cuoco di bordo; le parole che trasmette il megafono del comandante non riguardano più la rotta ma quello che si mangerà domani».

Che dire di più? «Che la moralità politica è data dalla competenza». Non del cuoco…

di Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, mercoledì 25 aprile 2018

#DemocraziaCristiana #AldoMoro #Terrorismo #DonatCattin

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