Ogni volta che risalgo corso Cavour, a Fermo, quasi di fronte al tribunale, l’occhio se ne va per conto suo all’interno de La Legatoria. Una bottega artigiana al piano terra di un nobile palazzo. Nobile l’edificio, nobile il mestiere.
Saranno i libri che attraggono, saranno i torchi… Tra di essi, come svolazzando, si muove Giuliana Sestili, 39 anni, di Monsampietro Morico.
Figura minuta, quasi timida.

L’ultima volta sono entrato. Due stanze, ampie. Profumo di carta e di pelle, un sapore antico e di moderno insieme.
Giuliana è lì dal 2007, dopo aver rilevato la bottega nella quale aveva sperimentato un periodo saltuario di pratica e rodaggio. Oggi il suo lavoro è quello di restaurare libri, realizzare intarsi, impresioni, fregi, nervature, e poi rilegare fogli, fascicoli di enciclopedie, sistemare copertine, personalizzarle, ricostruire dorsi con la tela. Un lavoro manuale, di pazienza e di creatività. Come ridar vita a qualcosa di già bello. Un lavoro fatto sì per vivere ma anche per dare corso alla propria stoffa umana. Un lavoro da far bene, sicuramente per il cliente e il suo danaro, ma da far bene in sé, per l’essenza che l’artigianato comporta.
Lei s’è diplomata all’Istituto d’Arte di Fermo, poi s’è laureata in Storia e Conservazione dei Beni culturali indirizzo archeologico.
La manualità non le è mai mancata. Da bambina lavorava l’argilla, la depurava, la seccava, la colorava, tirandone fuori tazzine e piatti. Giochi costruiti in casa, altro che assetto da Barbie!
Da adolescente si è affinata specializzandosi con la carta per farne agende, scatole, porta fotografie. Carriera segnata, dunque.
Oggi, nonostante gli undici anni di professione artigiana, ancora le tremano i polsi quando mette mano ad un libro del Cinquecento. «Cinquecentina», mi corregge. Sul bancone da lavoro leggo alcuni titoli: Profili di Michele Lermontof, Ivanon di Cecov, Racconti curiosi e grotteschi di Allan Poe. Stampe di fine Ottocento.
Due targhe sistemate su una mensola ricordano i premi da lei ottenuti nell’ambito dell’artigianato artistico. Soddisfazioni. Anche perché Giuliana procede con le cuciture a mano con ago, filo, spago, e su telaio.
Do uno sguardo in giro. Gli attrezzi sono numerosi. Elenco: un torchio di proporzioni medie e tre più piccoli, una morsa da falegname, e poi foratrici, dorsatrici, una macchina per la doratura, e la taglierina «unico strumento elettrico» tiene lei a precisare.
Chi sono i suoi clienti? Privati, enti pubblici, notai, scuole.
Mentre parliamo entra una signora. Cerca qualcosa dove valorizzare il diploma di laurea di suo figlio. Giuliana è pronta. Ci sono diverse idee. Gliele mostra. È convincente. Affare fatto.
Eh sì, oltre ai libri da sistemare, la nostra artigiana s’è inventata anche prodotti diversi, la cartotecnica: scatole, album, raccoglitori, cartelle colorate, contenitore di cd, di giornali… di caramelle.
«La crisi c’è. – mi spiega – La gente spende meno e spende il necessario. Bisogna parare i colpi. Ampliare le proposte». E, allora, perché non vendere coppe, penne personalizzate, targhe, piccoli trofei? Il perché no è diventato perché sì, con l’acquisto di uno strumento che incide il metallo.
Ma torniamo alla sua attività principale. Cosa le piace di più? «Certamente recuperare antichi libri, farli tornare a splendere. Ma non mi creo problemi a costruire scatole. Antico e nuovo insieme».
Nella stanza più grande sono stivati pelle, carte e cartoni.
Uscendo, sulla porta, mi giro e le domando. Cos’è per te una legatoria. Non ha esitazioni: «È un bene culturale ricco di storia».
Buon lavoro, maestra artigiana.
di Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, Sabato, 20 ottobre 2018
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