Civile società. La lunga storia della Confraternita di Misericordia di Montegiorgio

Una storia antica che perdura ancora, facendosi sempre più salda. Mi riferisco alla Confraternita di Misericordia di Montegiorgio.

Oggi: le ambulanze, le auto mediche, i taxi sanitari, le sirene. Ieri: i carri e le lettighe. Un filo rosso che accomuna i secoli.

Mi trovo nella sede operativa di via Giotto, 1, a Montegiorgio; quella legale si trova invece nel convento dei frati Cappuccini, in via delle Rose. È un via vai di volontari e dipendenti che escono ed entrano nei garage, che controllano automezzi, che attendono di partire.

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Alcuni giovani e adulti della Confraternita

«Ogni giorno siamo almeno una cinquantina» mi informa Fabio Rossi, 34 anni, di Rapagnano, dipendente da due anni, in divisa. I volontari attivi sono circa 400, i dipendenti sette, nelle prossime settimane inizieranno 12 ragazzi del Servizio civile, quindici i mezzi a disposizione, un territorio vastissimo da coprire.

Fabio ha iniziato nel 2011: ha partecipato al corso di primo soccorso poi, per impegni, s’è recato all’estero. Al ritorno, il concorso, vinto, e l’entrata nella Misericordia.

Chi l’ha spinto ad avvicinarsi? «Il desiderio di rendermi utile agli altri. Una cosa che devi sentirti dentro. Mi piace questa Confraternita per il senso di condivisione». Mi racconta che, a volte, dinanzi a persone malate con forte disagio economico, è la stessa Confraternita ad accollarsi le spese dei trasporti. Sta ripensando a quella bambina nigeriana, di un anno e mezzo, molto malata, trasportata dalle Marche all’ospedale Meyer di Firenze.

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Nicholas Angelini invece di anni ne ha venti e la sua professione futura sarà quella di cuoco. Ora è volontario. Lo scorso anno è stato uno dei ragazzi del servizio civile. «Sono qui grazie a mia nonna Marina, che ora non c’è più. Mi ripeteva sempre: aiuta il prossimo, perché sarà un bene per te. Così ho scelto di dare una mano». Anche suo padre Andrea è un volontario, da 22 anni. A lui capitò forse la cosa più dura: soccorrere un amico in gravissime condizioni. Fece di tutto per salvarlo. Non ci riuscì.

Maurilio Beleggia di anni ne ha 78. Lo incontro in segreteria, risponde al telefono, fornisce informazioni. Alle sue spalle, i fogli con i turni e i trasporti da effettuare. Nella Misericordia è entrato su invito del Governatore (secondo l’antico titolo) Paolo Tartufoli, ancora oggi in carica. «C’era bisogno di aiuto, ho cercato di darlo». Come ha sempre fatto, sin da ragazzo, quando, aiutando suo padre e altri soccorritori, tirò fuori da sotto un trattore un agricoltore rimasto schiacciato, e deceduto. Il sangue gli rimase sulle mani. Lo ha ancora in mente. Ed è per questo che preferisce i lavori d”ufficio. Gli chiedo cosa lo attragga nella Confraternita. Risponde: «La passione dei ragazzi, l’atteggiamento d’apertura nei confronti dei bisogni che, uniti alla preparazione, fa la differenza». Poi, mi racconta anche di una goliardata: un gruppo di studenti, poi rintracciati, che telefonava per chiedere l’invio di un’ambulanza a casa… del loro professore, in ottima salute».

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Leggo la storia: il 7 Marzo del 1878 in un consiglio comunale, fu dato l’incarico al Marchese Andrea Passari di studiare e realizzare un servizio funebre. Il suo compito era di creare un servizio funebre decoroso e un’assistenza gratuita ai malati e ai poveri. Passari, con Nicola Alaleona, Alipio Cicconetti e Giambattista Pagani fondò il primo comitato della Misericordia. Il 4 Giugno del 1879 iniziarono le opere di carità.

Lo stesso spirito.

di Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, Mercoledì 24 ottobre 2018

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