Stavolta i Minori… per modo di dire non sono due o tre, oppure sette, come quelli della Compagnia del Cigno di recente visione in tv. Neppure otto o nove-dieci. Sono settanta invece. Adolescenti. E amici. Anzi, amicissimi. Con quelli della recente fiction di Rai 1 esistono cose in comune: la musica, il suonare insieme, l’educazione, il rapporto con gli insegnanti, il metodo per tirare fuori i talenti e per affrontare l’esistenza.
Sto parlando della Banda Giovanile Interprovinciale delle Marche. Ne ho scritto qualche altra volta. Ma è l’occasione per tornarci su. Per indicare alle istituzioni pubbliche, ai decisori, a quanti si occupano di educazione un modello positivo che c’è, crea concordia, evita pericolosi scivolamenti, insegna che «da soli si va veloci, ma insieme si va lontano». E si fa prevenzione.

Tre mesi fa, la Banda è stata protagonista, al teatro Alaleona di Montegiorgio, di un convegno-testimonianza dal titolo: Emergenza educativa- La risposta della musica.
Non conosco i nomi di tutti i ragazzi. Solo di alcuni. Li cito come rappresentanza globale. C’è Cristian, c’è Valentina, c’è Leonardo, e poi Lorenzo, e poi Marco ed Enrico. E c’è Francesca Sbarbati che, rappresentando un po’ il sentire comune, ha scritto cose belle che val la pena di riportare, e magari proporre di leggere a scuola, negli oratori, nelle associazioni, in certi consigli comunali, provinciali o regionali, dove si discute di emergenza, senza scorgere il buono che nasce e che c’è tutt’intorno.
«Ogni persona dentro di sé – ha detto Francesca – ha una melodia, qualcosa da dire, e la vita è come la tastiera di un pianoforte: ci sono tasti bianchi e tasti neri e producono suoni differenti tra loro. Questo non significa siano migliori i tasti bianchi dei tasti neri o viceversa, perché se ci si pensa anche i tasti bianchi tra loro fanno suoni diversi: alcuni sono più gravi e altri più acuti. Ed è proprio questo il bello della vita: per fare una melodia non basta una nota, serve un accordo, un compromesso, grazie al quale si generano sinfonie…». E continua: «Non esisterà mai un pianoforte senza tutti questi tasti diversi tra loro, ma chi davvero ama la musica, come la vita, non escluderà mai, per ignoranza o per principio, che suoni molto diversi tra loro non possano stare bene insieme».

Salto
alcuni passaggi e arrivo al paragone con lo sceneggiato. «I
giovani protagonisti della fiction La
Compagnia del Cigno
suonano strumenti diversi nell’orchestra del conservatorio, ma
all’inizio ognuno di loro è solo, concentrato nel coltivare
un’ambizione che sembra soprattutto individuale. È proprio il
Maestro Marioni, detto il
Bastardo,
a costringerli ad esercitarsi insieme, per dare supporto a uno di
loro, Matteo, che viene da Amatrice – post terremoto – e deve
integrarsi nell’orchestra a metà anno. La vicinanza e l’affetto
che i ragazzi iniziano a sperimentare nello stare insieme li porterà
a stringere un patto d’amicizia che si chiama Compagnia
del Cigno,
in onore di Giuseppe Verdi.
Sono proprio i legami che si creano
all’interno del gruppo, della Banda o dell’Orchestra, rafforzati
dalla musica e dallo stare insieme per un obiettivo comune, ad
aiutarti ad andare avanti, a non arrenderti, a salvarti la vita. Mai
– scrive ancora Francesca – avrei pensato, dopo 9 anni, di ritrovarmi
ancora qui, con lo strumento in mano, e soprattutto mai
avrei pensato che all’interno della Banda potesse crearsi un bel
gruppo di amici, che attualmente si ritrova per uscire anche al di
fuori delle prove settimanali e degli impegni bandistici, per
una partita a bowling, una birra o un barbecue in giardino».
Una risposta allora c’è!
di Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, Sabato, 9 febbraio 2019
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