D’estate, di mattina, in giorno feriale è quasi un delitto visitare un molino attivo come quello Orsili di Sant’Elpidio a Mare. Il lavoro ferve, e frenetico. Sarebbe il caso di non disturbare, di non interromperlo. Le pizzerie hanno riaperto, così i ristoranti, i panifici, le pasticcerie. Occorre rifornirle. Occorre caricare i furgoni e i mezzi di trasporto più grandi. Occorre girare le Marche, e non solo, quasi quotidianamente, con 100 chilometri quadrati al giorno da percorrere.
E io arrivo al molino che tutti si stanno dando da fare. I sacchi di farina scendono dall’alto grazie ad un nastro trasportatore, vengono recuperati a mano e impilati con ordine negli automezzi.

Ecco uno dei titolari. Il cognome lo sapete: Orsili. Il nome, anzi, i nomi sono particolari: Imerio, Tazio, Pietro, tutt’insieme. Imerio era il prode ciclista Massignan, Tazio il grande pilota d’auto Nuvolari, Pietro Mennea l’uomo più veloce del vento. Lampante che genitori di Imerio Tazio Pietro siano stati amanti dello sport.
Sulla bottega sottostante il molino, dove i clienti arrivano alla spicciolata per rifornirsi, campeggia una scritta: “… prima di tutto la farina”. Possiamo aggiungere: e prima di tutto la qualità, a cui i tre soci: i due fratelli Imerio e Luca, e il cugino Rossano tengono particolarmente.
L’azienda nasce nel 1961 dai genitori Antonio e Mario. Quasi trent’anni di fatica poi arriva la nuova generazione. È l’anno Duemila, anno di svolta. Imerio, Rossano e Luca rinnovano l’azienda: gli impianti sono messi a norma, si acquistano nuovi macchinari, si consultano esperti, si adeguano «tutti gli standard qualitativi previsti dalle normative sempre in evoluzione», si investe «per garantire un prodotto costante e di qualità, ricerca e studio delle materie prime». E si investe molto anche nella comunicazione digitale, grazie all’attenzione della terza generazione. «E per fortuna – dice Imerio – altrimenti con il lockdown saremmo stati spacciati. Invece abbiamo continuano a vendere grazie all’on line». Chiedo dei quintali prodotti al mese. «Circa 3000», risponde. E i tipi di farine? «Zero, doppio zero, uno, miscelate, manitoba, per brioches, per lievitazioni…». Ma non è che alla fine sono tutte eguali, chiedo impertinente? «Ma dai: sono come le donne. Sono forse tutte eguali?». E potrebbe continuare ancora ma ora è lanciato nello spiegarmi la lavorazione del grano: la selezione, il lavaggio, la divisione, la macinazione, il riposo… C’è una cosa cui gli Orsili tengono in modo particolare: è il rapporto con i clienti. «La nostra forza è il confronto con loro, con i fornai, piazzaioli, cuochi, massaie. Abbiamo sempre da imparare. Arte e scienza debbono equilibrarsi». È dura, chiedo? «È come se ogni giorno io facessi 200 flessioni», scherza. La vostra mission? È spiegata così: «Gestire un molino significa rispettare la tradizione per il prodotto, utilizzare l’esperienza acquisita negli anni, ma anche guardare alla rete, affidarsi all’innovazione, all’automazione. Certificare impianti e filiera, studiare le materie prime, i prodotti finiti». Prima di tutto la farina, dunque, e la clientela.
Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, Venerdì, 28 agosto 2020
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