Farmaciste e consulenti. Un lavoro tra “amiche” per alleviare la paura

Che una farmacista si metta a scrivere “Racconti piccoli di farmacia” è già singolare. Ancor di più lo è se il primo racconto è rivolto alle “Amiche”. Non quelle di fuori che ti attendono dopo il lavoro per una passeggiata, un cinema (sic!), un acquisto. Ma quelle di dentro, quelle che ogni giorno se ne stanno con lei al banco, rispondono ai clienti, prendono, incartano e consegnano medicine. “Amiche”, dunque. Per Maria Strippoli, titolare della Farmacia Bini di Fermo, tali sono Daniela, Michela, Paola. Un’amicizia nata nella condivisione. «… ogni giorno, – scrive la dottoressa Maria – a vicenda, in farmacia, ci siamo rinfrancate nel lavorare insieme, nel sostenere la nostra fatica e quella dei nostri clienti, nel trovare una positività e una speranza nel contatto umano. Si è come evidenziato un desiderio di bene, di condivisione e di sostegno, che c’era anche prima, ma che in questo anno particolare è esploso». Esploso come? «In questo anno del virus, noi farmacisti siamo stati un grosso riferimento per la gente. Siamo stati anche noi in prima linea. Dal canto loro, i medici erano oberati di lavoro, avevano il compito di praticare i vaccini anti-influenzali, potevano visitare solo su appuntamento. Abbiamo cercato di far fronte come potevamo e sapevamo fare cercando di rassicurare, di dare informazioni giuste, tranquillizzare i tanti spaventati». Il periodo più brutto? «Marzo 2020 è stato duro a causa del problema delle mascherine che non si trovavano. I media martellavano sul virus. La paura è dilagata. Allora abbiamo istituito una sorta di centralino telefonico. Ho voluto rispondere personalmente alle chiamate, supportare soprattutto le persone più fragili: gli anziani, la gente sola in casa. Una cosa è dare istruzioni fredde come le dava la televisione. Un’altra è una voce e un volto conosciuto che te lo dice, di cui ti fidi. È diverso. Poi c’è stata una impennata nella vendita degli antidepressivi e degli ansiolitici che rivelava uno stato di fortissimo disagio. Le persone non dormivano». E oggi? «Oggi va un po’ meglio, la paura tende a scemare». È cambiato il ruolo del farmacista? «Quando ho iniziato nel 1986, il giorno successivo all’esame di laurea, il rapporto era: io ti do la ricetta tu mi consegni il farmaco. Oggi per me e per noi è diverso. Ci siamo impostati anche come consulenti. In effetti, mia madre Rina Bini lo teneva già questo comportamento. Quindi consigli e consulenze. Con le mie “Amiche” abbiamo partecipato a tanti corsi di aggiornamento: in Lombardia, Umbria, Veneto… oggi grazie alla rete, possiamo seguire, e dappertutto on line, veri e propri luminari». Lei è rimasta particolarmente entusiasta, recentemente, di uno scienziato che ha tenuto lezioni sull’invecchiamento.

La farmacista Maria Strippoli

A cosa punta la farmacia Bini? «Innanzitutto, sull’accoglienza del cliente, la consulenza come detto, poi abbiamo fatto tanti test fisiologici, prenotazioni al CUP e vorremo diventare “la farmacia dei servizi”. Primo passo: metteremo un elettrocardiogramma». Altre idee? «Vorremmo attivare il progetto di “aderenza farmaceutica” in collaborazione con i medici, per verificare il rispetto delle cure da parte dei malati. Per verificare, ad esempio, se prendono tutte le medicine prescritte, se danno continuità alle cure». Una cosa buffa? «Non so se sia buffa: ma negli ultimi tempi c’è una signora che ci telefona 20-25 volte al mattino per chiederci quale farmaco debba prendere quel giorno… Lei non se lo ricorda. Noi si». Consulenti, appunto.

Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, Giovedì, 21 gennaio 2021

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