“Le vigne di Franca” nell’Eden della valletta di Fermo

“Le Vigne di Franca”! Il marchio che compare in apertura della pagina della Cantina vinicola omonima sembra una xilografia di Adolfo de Carolis. Un gusto di antico proiettato sul moderno.

L’azienda si trova in Contrada Santa Petronilla a Fermo. Me l’ha indicata il governatore del Club di Papillon, che di vini se ne intende.

La proprietà si estende su quattro ettari di terreno, quasi a metà strada tra la collina di Fermo e il mare di Porto San Giorgio. Suggestivo l’ingresso, con un filare di poderosi ulivi a destra.

I vigneti, che sembrano d’argento nella mattina in cui vado a visitare l’impianto, hanno di fronte il sole che nasce e s’incanala lungo la valletta che protegge i grappoli dai venti impetuosi.

Il posizionamento della vigna che sale dolcemente da Est ad Ovest, mi spiega il titolare Claudio Adriano Paulich, origini istriane, già alto dirigente di moda, «coglie pienamente il micro clima che permette alle brezze locali che vanno al mattino verso il mare ed alla sera verso la montagna di attraversare i suoi filari nella loro lunghezza aerando i grappoli in modo tiepido e costante».

Le vigne prendono il nome dalla signora Franca, la moglie di Paulich. È venuta a mancare nel 2009. La sua immagine felice, in una grande foto/ritratto, è appesa su una parete dell’ufficio dove opera la signora Marta. Un’immagine che rallegra.

«Nel 1998, – spiega Paulich – io e mia moglie abbiamo avuto la possibilità con l’aiuto di un caro amico di acquistare il piccolo appezzamento di proprietà della curia di Fermo. C’era una vecchia casa con fienile, un uliveto con piante centenarie e del terreno utilizzato per coltivare barbabietole da zucchero e girasoli». Bel posto! Amore a prima vista! Così la coppia decide di «ristrutturare la casa mantenendone le caratteristiche contadine e piantare una vigna di pregiati ceppi di vitigni autoctoni: Montepulciano e Sangiovese, con anche del Merlot». Per la ristrutturazione della casa, piantare la vigna e sistemare l’uliveto sono occorsi tre anni. Al termine, «la proprietà si è rivelata un’oasi tranquilla, a due passi dal capoluogo e dall’Adriatico». E poi, è toccato ai vini: i tre mono varietali rossi: Livio (dal nome del babbo di Paulich), Bianca Aurora (dal nome della mamma) e Crismon (dall’antico monogramma di Cristo); e i quattro multi varietali: il rosato Rubeus, i rossi Rubrum e Rufulus, e il bianco Lumes.

La cantina è collocata sotto terra di fronte alla casa e rivolta a sud. «Nella prima parte, all’ingresso, si trovano i serbatoi di fermentazione, refrigerati per regolarne la temperatura. Nella seconda parte, separata, c’è la “camera di conservazione”, serbatoi in acciaio contengono il vino nella fase di trasformazione prima che venga posto per l’invecchiamento nelle barriques o tonneoux della qualità, per un minimo di 12 mesi. Nei successivi nove, imbottigliato, rimarrà a riposo prima della commercializzazione. La barricaia invece è posizionata a lato, separata dal resto della cantina in luogo buio e con temperatura costante tra i 16 – 18 gradi».

Per il futuro, Paulich sta pensando alla produzione anche di un vino naturale. Nei prossimi giorni verrà imbottigliato invece un Merlot in purezza.

35 mila le bottiglie prodotte per i mercati di Austria, Belgio, Germania e Olanda. Il Covid ha creato grossi problemi. «Se oggi non perdiamo – spiega il titolare – è anche grazie a qualche supermercato che ce ne consente la vendita».

Paulich ora vive quasi sempre a Fermo dove, in primavera, «nella mia campagna – conclude – incrocio ancora le lucciole». Garanzia assoluta di naturalità.

Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, Venerdì, 22 gennaio 2021

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