Quando arrivo, la Fattoria sociale di Monte Pacini di Fermo è già un brulicare di adolescenti, giovani e adulti. È mattina presto, ma già si lavora. E si lavora insieme. Perché questa è la scommessa: dare un ruolo ai «fragili», accoglierli, includere loro e altri ancora, e questo attraverso un impegno specie nei campi (ora anche in un ristorante), dove a spendersi sono diversi volontari.

Cerco un ragazzo del Senegal. L’ho intervistato in una diretta on line. In quell’occasione era accompagnato dall’ideatore della Fattoria, Marco Marchetti. Ha un nome difficile: Djibriel Thioune, ha 31 anni, viene da un villaggio ai confini con il Gambia. Sta nell’orto. Sta preparando la terra dove innesterà le piantine acquistate da una azienda biologica di Grottammare. È lui che dirige i lavori agricoli e fa da tutor ai ragazzi che arrivano e alle numerose scolaresche in visita.

Da due anni è stato assunto alla Fattoria. Djibriel si occupa anche degli animali. Ce ne sono diversi a Monte Pacini: un cavallo, un asino, alcune capre, una ventina di papere. Poi vi razzolano una ottantina di galline. Lui le chiama «galline felici, perché hanno tanta terra su cui muoversi». Lo sottolinea in un italiano puntuale e con un sorriso soddisfatto perché, in primo luogo, ad essere soddisfatto è proprio lui, perfettamente integrato. L’agricoltore lo faceva anche nel suo paese. Poi, la scelta dell’Italia, lo sbarco a Catania nel 2015, la sosta a Senigallia e l’arrivo a Fermo dove si trova bene ed è stato accolto in una famiglia.

Torniamo ai campi. Nel giorno dell’incontro si stava occupando di zucchine, melanzane e peperoni. Ma nell’orto c’è di tutto: dalla fava ai piselli ai porri ai pomodori. Prodotti che ogni venerdì vengono confezionati e venduti. Come? Recapitati a domicilio ma, come ribadiva Marchetti nell’intervista, «li portiamo a casa, ma se vieni tu è meglio». È meglio sì: si vedono vite rinascere. Nei 13 ettari di terreno intorno agli edifici della fattoria ci sono anche alberi da frutta: soprattutto pere, mele e prugne.
Djibriel è nome difficile da pronunciare. Una signora di Senigallia l’ho ribattezzò Andrea/Gabriele. Gli è rimasto addosso.
Nel suo futuro c’è un progetto: tornare in Senegal, dove risiede la sua ragazza, aprire una piccola azienda agricola e dar lavoro alla sua gente.
Gli domando come si senta ad accudire la terra. «Libero, indipendente, sicuro».
Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, Venerdì, 14 maggio 2021
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