Vorrei sbagliarmi! Vorrei che qualcuno mi scrivesse, dicendomi: “ Noi l’abbiamo cantato”; “La mia corale lo ha eseguito”; “Lo conosco molto bene e voglio proporlo ai miei musicisti”. E magari poi ascoltarlo eseguito in una chiesa, nel Santuario della Madonna dell’Ambro, nella Basilica di Loreto, o nello spiazzo dinanzi a Santa Maria in Pantano. Là dove gli artisti hanno ritratto le Sibille o, come nel caso della pieve terremotata, le Sibille spiccavano dall’alto del soffitto… dall’alto degli immaginati cieli. Non uno spettacolo, quindi, che già si fa, specie nell’Ascolano. Ma una proposta quasi di riflessione e preghiera. Un canto quasi liturgico. Per taluni la Sibilla profetizzò l’avvento del Redentore.

Sto ascoltando ora Il Canto della Sibilla. Lo sta eseguendo un Coro catalano. Lo ha registrato in occasione del Natale. L’ho scoperto da poco. Ne sapevo nulla. Mai ascoltato nei nostri templi.
«È uno dei più straordinari e affascinanti esempi di archeologia musicale» ha recensito Andrea Milanesi su una bellissima rivista. Un mito, continua, «che affonda le proprie origini nel cuore delle grandi civiltà antiche del Mar Mediterraneo, ma che in età medievale risuonava durante le celebrazioni notturne della Vigilia di Natale». Annunciava «non solo la venuta del Salvatore, ma anche il suo ritorno alla fine dei tempi». Origine e fine, dunque.

“Iudicii Signum, tellus sudore madescet. E caelo rex adveniet per saecula futurus. Scilicet ut carnem praesens ut iudicet orbem…”, “Come segno del Giudizio, la terra si bagnerà di sudore. Dal cielo verrà il re che sarà nei secoli, certamente per giudicare con la sua presenza la carne e il mondo…”. Ci riguarda da vicino, ci tocca proprio. È storia nostra.
La montagna Sibilla oggi è bianca, riposa. Attende. Chissà che nelle sue viscere non risuoni una propria melodia…
Durante il Rinascimento Il Canto della Sibilla venne condannato come pagano dal Concilio di Trento. Nelle chiese non fu quasi più riproposto. E pure, ad Eusebio, cristiano e vescovo di Cesarea, è attribuita la prima stesura in greco antico del Canto della Sibilla, profezia riguardante i giorni dell’apocalisse.
Resistette però nelle isole Baleari e in Sardegna.
Ora si sta ridiffondendo. Speriamo dappertutto. Nel 2010 l’Unesco lo ha dichiarato Patrimonio dell’umanità.
Lo ascolto ora, possente così com’è, e fioriscono le più diverse immagini di pellegrini, viaggiatori, mercanti, monaci, cavalieri, che la Sibilla traversarono. Che la Sibilla cercarono. E cercano ancora.
Domenica, 30 gennaio 2022
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