“Le meraviglie del parto”. Tra leggende, credenze, e storia. Il libro presentato a Fermo

In un periodo non di inverno ma di Siberia demografica, un libro su Le meraviglie del parto non può non attrarre. Infatti, attrae. Ed ecco che andiamo ad ascoltarne la presentazione alla Biblioteca civica Spezioli di Fermo, sempre più centro culturale. È mercoledì 12 giugno, pomeriggio.

In sala, il 90 per cento dei presenti è costituito da giovani donne. Più tardi capiremo il perché.

Sulle prime, in attesa del saluto del presidente del consiglio comunale Francesco Trasatti, bloccato in strada per un piccolo incidente altrui, prende la parola la professoressa Stefania Fortuna dell’Università Politecnica delle Marche. Parla di ginecologia ed ostetricia. Sembra una lezione. Lo è. Le ragazze ascoltano. Allieve? Ostetriche? Entrambe le cose. Ecco spiegata la forte presenza femminile.

Quella che racconta è comunque una storia interessante: l’ostetricia è la professione sanitaria più antica, ne parlavano i papiri egiziani; rilevava nei testi greci; compariva in alcune steli; nel mondo romano era una corporazione; ne scriveva Galeno pur nel suo atteggiamento di sufficienza nei confronti di ogni “medico”; Sorano di Efeso ne è considerato il fondatore; Leonardo da Vinci ne fa disegni molto prossimi al vero; etc. Ma solo con il Settecento l’ostetricia fa importanti passi avanti.

Ora, dopo il saluto di Trasatti, tocca alla scrittrice, ricercatrice e storica del Medio Evo: Alessandra Foscati. Il suo è un ampio, interessante e anche avvincente quadro. È il racconto dei “prodigi”, dei “miracoli”, dei “rimedi”, delle “credenze” dove magia, religione, medicina si fondevano in tutt’uno.

Un passo del Vangelo apocrifo narra del parto di Gesù, quando l’ostetrica che non crede alla verginità della Madonna e la vuole verificare ottiene solo che la propria mano diventi secca all’improvviso e per sanarla dovrà ricorrere al panno che avvolge il figlio di Dio.

L’utero, questo sconosciuto, incuriosiva e preoccupava. «Tra Medioevo ed Età moderna – si legge nel libro – dominava l’idea che l’utero della donna potesse celare “meraviglie” che solo all’ultimo momento venivano rivelate. Testimonianze di una mentalità e di un sapere condiviso entro il quale il pensiero scientifico e la tradizione popolare tendevano a fondersi». Cosa sarebbe potuto uscire da lì? Mostri come le arpie?

La crosta di pane o il coriandolino apposto alla coscia destra della partoriente doveva favorire l’uscita del bimbo. Il bimbo! A lui spettava la decisione di venire alla luce oppure no.

Nel racconto entra il parto di Cesare, con tanto di capelli (il cesareo), e quello podalico di Nerone il malvagio, e il bambino nato insieme al rospo. Meraviglie, appunto.

Insomma, un affresco avvincente di un mondo che fu.

«Venire alla luce – si legge nella presentazione dell’Editore Einaudi – è sempre stata una soglia difficile da definire, sfuggente, dolorosa e caricata di pudore e mistero arduo da rivelare. Questo libro si propone di raccontare il modo in cui era descritta e rappresentata la “scena del parto” in Occidente, nel periodo compreso tra l’Alto Medioevo e l’Età moderna fino al XVII secolo – prima cioè della medicalizzazione settecentesca della pratica ostetrica e della nascita delle cliniche. Alessandra Foscati considera un ampio ventaglio di fonti di diverso genere (mediche, giuridiche, religiose, letterarie) che le servono per raccontare le azioni compiute sulla partoriente, oggetto di attenzioni da parte di altre donne, tra cui l’ostetrica, le parenti, le vicine di casa (il parto è un momento corale di grande solidarietà femminile), ma anche di uomini (il marito, il prete e, da un certo momento in poi, il chirurgo). Con sguardo ampio e diacronico, il libro mette in evidenza gli aspetti e gli elementi di lunga continuità, così come i cambiamenti più significativi dell’Età moderna».

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