Cupramarittima: Sant’Andrea, più che un castello

Piccole insenature e piccoli incasati sui colli. Il fine costa picena, da Fermo a Porto d’Ascoli, procede a semicerchio. Dove corre l’autostrada e la ferrovia, secoli fa spadroneggiava il mare che s’infrangeva sulle pareti di tufo.

Capodarco, Torre di Palme, Marano e, prima del più ampio borgo di Grottammare, si erge Sant’Andrea nel territorio odierno di Cupramarittima. Un castello che s’affaccia vertiginosamente sull’Adriatico. È stato consolidato di recente. Ebbe frane molto consistenti nel tempo. Ora tornerà nella disponibilità della popolazione e dei turisti.

Anni fa, prima della chiusura per consolidamento e restauri, ebbi l’occasione di partecipare ad un concerto di un gruppo napoletano che si esibiva con alcune canzoni dell’Insorgenza antinapoleonica e antisabauda. Non era fuor di luogo, se solo si pensi che una grande battaglia tra borbonici e napoleonici si svolse pochi chilometri più a nord, nella piana che oggi è identificata da Marina Palmense. Non solo, a diversi chilometri più a sud sorge Civitella del Tronto, dove i soldati napoletani diedero filo da torcere all’occupante piemontese.

Ma il castello di Sant’Andrea fu molto altro. Fu, ad esempio, un luogo di sorveglianza del mare. I pirati saraceni delle coste albanesi e di quelle africane per quasi sei secoli infestarono questo braccio di mare. Specie nel 1300 i pontefici diedero ordine di fortificare i borghi prospicenti il “Golfo di Venezia”.

Sant’Andrea dunque vigilava e segnalava. Segnalava con il fumo di giorno e con il fuoco di notte. L’allarme per possibili sbarchi veniva lanciato dal castello che per primo individuava il pericolo, per essere riproposto dagli altri castelli lungo tutta la costa sino a Venezia.

Gli storici scrivono che la Serenissima ne veniva informata in pochissime ore.

Ora tutto questo fa parte – e farà sempre più parte – dei racconti che affascinano i turisti. Perché questi ultimi non sono solo attratti dall’estetica dei luoghi (panorama e architettura), ma sempre di più dalle vicende che vi si svolsero.

Il castello di Sant’Andrea ne è ricco. Come ad esempio, dello scampato pericolo di distruzione congegnato da Federico II nei confronti dei nemici guelfi, o pure da un’altra distruzione, quella delle forze della natura: la frana terribile del 1569.

Ma Sant’Andrea ora è tornato a splendere!

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