L’Europa senz’anima. Così la vogliono “caminetti” e Logge. Un viaggio per ritrovare l’origine

Oggi la Francia voterà. Probabile la vittoria delle destre di Jordan Bardella figlioccio di Marine Le Pen. Anche l’Italia ha indicato: destra all’Europa. Ma Bruxelles accende i “caminetti” e li alimenta di vecchia legna. Ma, al di là dei risultati, c’è l’anima scomparsa di un Continente che va ritrovata. E non saranno i club esclusivi o le logge più o meno segrete a ridarcela. Dovrà risorgere un sentire comune.

Ecco, allora, la proposta di un viaggio che non è per dimenticare la durezza del quotidiano, ma per dare sostanza e senso al quotidiano di oggi e a quello futuro.

Prendo spunto da un invito. Sono girati messaggi in rete: bruciare sui balconi la bandiera europea!

Io non posso farlo: non ce l’ho. E se ce l’avessi, non lo farei. Perché le sue dodici stelle, inserite nel blu del cielo d’Occidente, furono pensate dal disegnatore tedesco-francese Arsène Heitz ispirandosi ad un verso dell’Apocalisse: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle». Riferimento religioso, dunque. Volontario o involontario, non so. So invece che l’Europa pensata dai veri grandi: Schumann, De Gasperi, Adenauer, nacque per evitare nuove guerre e per favorire l’economia ma ebbe fondamento sul sentimento del perdono dopo le catastrofi della Seconda guerra mondiale. Poi, morti i grandi, arrivarono fotocopie sempre più sbiadite, insensibili al richiamo alle comuni radici come cemento vero.

Il sacrificio di Jan Palach (immagina del film)

Allora, il problema non è bruciare l’Europa, ma riabbeverarsi alle sorgenti. Tenendo conto, come scrisse lo storico britannico Chistoper Dawson, che «l’Europa non è una unità naturale come l’Australia o l’Africa, essa è il risultato di un lungo processo di evoluzione storica e di sviluppo spirituale».  Goethe riportava nel suo taccuino: «L’Europa è nata pellegrinando e la sua lingua è il cristianesimo». Quel cristianesimo che salvò la civiltà ebraico-greco-romana.

Rivolta d’Ungheria 1956

Ed ora viaggiamo, chi può farlo sul serio e chi può farlo immaginando, come cacciatori di segni. Saremo sull’Acropoli di Atene. Nelle terre greche nacque filosofia e politica. Visiteremo «le porte calde» delle Termopili, dove un pugno di guerrieri rallentò l’esercito persiano di Serse e fece scrivere: «Oh, tu che passi per andare a Sparta, dì loro che siamo morti per obbedire alle sue leggi». E per difendere la libertà. Visiteremo i monasteri ortodossi abbarbicati alle pareti del Monte Athos. E, voleremo in Catalogna per ammirare la mai completa Sagrada Familia di Barcellona che alza le sue guglie contemporanee verso l’infinito. E cammineremo il sentiero per Santiago de Compostela. Itinerario di tutti, cristiani e non, alla ricerca del senso della vita. E saremo a Poitier, in Francia, dove nel 732 d. C. Carlo Martello fermò per sempre gli Arabi e dove, per la prima volta, le cronache scrissero degli Europenses, gli europei che vinsero.

E ci fermeremo a Citeaux (Cistercium), in Borgogna, dove sbocciarono i Cistercensi che nel 1098 si diedero la loro carta costituzionale: la Charta Charitatis. E dove annualmente s’incontravano gli abati di tutti i monasteri d’Europa, primo parlamento (si chiamava Parliamentum) dell’Occidente. E raggiungeremo Aquisgrana, nella Renania del nord, dove risiedette il primo imperatore europeo: Carlo Magno. Dalla Germania alla Repubblica Ceca, a Praga, per ricordare in piazza San Venceslao, ai piedi della scalinata del Museo Nazionale, Jan Palach che il 16 gennaio di 51 anni fa si diede fuoco per protestare contro l’invasione sovietica della sua patria. La prima torcia.

Sagrada familia

Da Praga alla polacca Czestokowa, al santuario della Madonna Nera di Jasna Gora, dove ogni anno arrivano centinaia di migliaia di studenti in pellegrinaggio da tutta Europa. Il viaggio sarà molto lungo. Toccheremo anche la Romania dell’Arcangelo Michele, l’Irlanda di san Patrizio, il Portogallo di Fatima e l’Ungheria del circolo Petőfi di Budapest, che tanta parte ebbe nella rivolta del 1956: «Avanti i ragazzi di Buda, avanti i ragazzi di Pest» cantavano certi giovani d’Europa appoggiando idealmente quelli di là della Cortina di ferro. Non occorrerà bruciare bandiere. Occorre costruire anzi, ricostruire. Sulle tracce di un nuovo/antico ethos dell’uomo europeo. Ricordando che l’Europa va dall’Atlantico agli Urali!

Domenica, 30 giugno 2024

Lascia un commento

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.

Su ↑