Tramonti di fuoco. Monti Azzurri arroventati. Paesaggio stupendo. Un peccato lo sfregio di “Zorro” inflitto alla Sibilla. Un vandalismo insensato, anni sessanta.

Dalle ferite agli angoli di bellezza. Amandola, strada per Casalicchio, a metà costa un’abbazia, quella dei santi Vincenzo ed Anastasio. Tendi l’orecchio e raccogli l’eco di un salmodiare antico. Si canta e si celebra in latino al Ritiro Mariano “Immacolata Rifugio dei peccatori”, ordine francescano riformato da padre Kolbe che ad Auschwitz morì di fame per salvare un padre di famiglia. Fronte opposto, strada per Comunanza, fra’ Emanuele, Giacomo al secolo, ha aperto un “ospitale”. Primi pellegrini, l’estate appena trascorsa: i viandanti lungo la riaperta via francescana, da Assisi ad Ascoli Piceno. Fermarsi a mangiare vuol dire latte di capra e formaggio di noci.

A Falerone, tre monache. Vecchine, fragili come cristalli swarovski, in un convento enorme. Una comunità che scompare. Il carisma di Chiara che perde smalto. Le Clarisse hanno lasciato la loro casa. Lì, per quattro secoli, ora via, altrove. Dal 1610 esattamente, giusto l’abbandono nei tempi dell’occupazione savoiarda. Un quadro spicca da una parete del corridoio lungo. Un soggetto dell’Apocalisse. La Madonna che schiaccia la testa del serpente. Un’immagine sacra, ma anche un dolce. Lu serpe attorcigliato, ricoperto di glassa e cioccolato, ripieno di mandorle, pinoli e cacao, si confezionava per l’otto di dicembre, giorno dell’Immacolata. Due settimane dopo diventava dono per poveri e notabili. Lu Serpe è De.Co. Da sette anni denominazione comunale. Carta d’identità delle bontà cittadine. Il sindaco d’allora, Massimo Bertuzzi, e i suoi consiglieri l’hanno attestato con tanto di bolli e di “sigillo”. Roba nostra, roba buona. Imprimatur.

Gran trovata la De.Co. Luigi Veronelli da Milano ne fu caparbio alfiere: per preservare le diversità in campo agricolo e alimentare, per difendere le amministrazioni locali, per appoggiare i produttori al dettaglio. Rivoluzione alimentare. Dal basso.

Montegiorgio, altro convento, altre Clarisse, stavolta dell’Immacolata, e piene di vivacità, tutte giovanissime. Non producono un dolce tipico, ma il paese ce l’ha comunque. Li caciù, impasto, a mezza luna, fritto, riempito di fava, anch’essi De.Co. Anch’essi ambiti e bontà del “dì di festa”.

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Non ci sono monasteri invece a Lapedona. Ma la De.Co sì. Stavolta del vino cotto. Nettare da dei. Battaglia anni fa con Ministero e burocrati. Ma anche qui il volto degli amministratori locali: Mauro Pieroni e Stefania Mattetti, è prevalso su norme frigide e siderali dell’occhiuta Bruxelles.

Gran finale De.Co. a Porto San Giorgio. Per il brodetto. Questa è la nostra ricetta, hanno scritto Loira Nicola e Ciabattoni Catia. Ristoranti e trattorie hanno fatto il resto: messo a tavola l’ottimo cibo.

Sorride soddisfatto da Alessandria Paolo Massobrio, del Club di Papillon, figlioccio del Veronelli, nuovo alfiere De.Co., nuovo difensore di piccole realtà agroalimentari. Chi meglio di una comunità locale attesta valore e bontà di un prodotto proprio? Loira, Pieroni, Achilli, Bertuzzi c’hanno messo la faccia. Noi la bocca. Gustoso. Molto.

(nella foto: lu serpe)

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