Veloce, rapido, scattoso. È sempre lui: Ubaldo Renzi, Zizo per gli amici. 85 anni portati magnificamente. «Un anno meno di Fabrizio Emiliani», ci tiene a dirlo: sono stati compagni di partito (PRI), colleghi in giunta e consiglio comunale a Fermo negli anni più sfolgoranti: Settanta, Ottanta, inizio Novanta.
Lo incontro nello studio di casa sua. Alle spalle gli campeggia tutto ciò che considera importante: il ritratto di Mazzini che «alle scuole superiori ficcavo in ogni compito in classe»; un’immagine, con Marx al centro, del congresso socialista del 1921 a Livorno; la bandiera di Israele e un comunicato d’appoggio; le Cisterne romane e il Duomo di Fermo; la cartina della provincia fermana con i 40 comuni ben evidenziati. E poi, la foto di J. F. Kennedy, suo riferimento.

Alle mie spalle invece, fa bella mostra una invidiabile raccolta di Mondo occidentale, rivista statunitense prodotta in Italia dopo il 1944.
Renzi ha tanti libri, e li sta donando alle biblioteche del territorio.
Dal ’70 al ’72 e ancora dall’81 al ’93 è stato assessore allo sviluppo economico, dal ’72 all’80 è stato all’opposizione. È stato il primo assessore allo sviluppo economico delle Marche. «Non esisteva questo assessorato. Era importante invece che ci fosse».
Prima di addentrarci nelle opere realizzate, Zizo mi sorprende – lui laico-laicissimo – con la frase del Padrenostro corretta da papa Francesco. «Mi sono sempre chiesto come può fare il Padreterno ad indurci in tentazione, non esiste proprio».
La politica inizia a farla con il pennello. A 14 anni – era il 1946 -scriveva sui muri: Viva la Repubblica, abbasso il Re.
Poi la prima tessera al Partito Repubblicano Italiano presa in una sede striminzita di Corso Cavour. Il suo primo impegno istituzionale fu come vice-presidente del Convitto Sacconi: 300 ragazzi da gestire logisticamente.
In Comune c’è stato per oltre venti anni. Lo chiama «quell’effervescente arco temporale politico-amministrativo», politico e culturale, con personaggi di alto profilo: dall’arcivescovo Norberto Perini allo scrittore e docente Alvaro Valentini, da Pompilio Bonvicini a Giuseppe Balestrini, da Mario Agnozzi a Ezio Santarelli. «La città aveva riconquistato a fatica il suo ruolo naturale di dinamica e continua apertura e centro di riferimento, sia dei quaranta comuni della Provincia che dell’ente Regione». Si pose mano, racconta, allo sviluppo di Santa Petronilla, Sant’Alessandro, Sant’Andrea, Rione Murato. Si fecero «i grandi parcheggi Nord di Sant’Anna, il primo funzionante depuratore delle Marche, la discarica». Non solo: «Sulla costa si costruirono ben tredici camping e numerosi ristoranti. Per iniziativa del Comune nacquero i primi tre agriturismi. Grazie ad Annio Giostra fu istituito il Conservatorio».
A Fermo, ci tiene a dirlo, arrivavano giornalisti esteri famosi: Tobias Piller, Tana de Zulueta, «venivamo invitati ai convegni internazionali promossi dall’ISTAO di Giorgio Fuà». In quegli anni, il Comune di Fermo favorì la nascita dell’Unione Industriali del Fermano e venne anche la CONFAPI.
Renzi parla della STEAT come di un suo gioiello. «Era l’’83. L’AFA perdeva soldi. Occorreva fare altro. Quando da assessore andai in Regione proponendo una Spa dei trasporti erano tutti contrari. Idem a Fermo, eccetto Carlo Concetti e il sindacalista Diletti di Sant’Elpidio a Mare. Ho lavorato tanto, ho chiamato i partiti, ho inventato la sigla, alla fine ce l’abbiamo fatta».
Ed oggi? «Il Comune dovrebbe fare di più e anche la Regione. C’è un ranicchiamento. Occorre invece creare condizioni diverse di lavoro. Puntare molto sull’agro-alimentare. Quella che ora è Tipicità, l’abbiamo inventata noi. Ed era diversa».
A 85 anni lancia idee, scrive, fa parte del Centro studi Carducci, guarda la politica e spera che torni ad essere cosa seria.
di Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, mercoledì 20 dicembre 2017
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