San Leonardo: un eremo tra le montagne dell’oro blu

Sono tornati a centinaia per vederlo. Nell’ultimo fine settimana la fila delle auto era incredibile.

L’Infernaccio è cambiato, i movimenti della natura lo hanno profondamente trasformato. Le pisciarelle sono le stesse di sempre, la gola ugualmente. Ma è più avanti che il suo volto ha subito una profonda metamorfosi.

Il fiume Tenna ha formato un lago. La gente si siede sulle sue sponde. I più adulti ripensano al vecchio camminamento; i più giovani guardano la novità ignari di quello che è stato per secoli.

San Leo
L’eremo di San Leonardo, oggi

Salendo per San Leonardo, altri mutamenti. Le faggete sono state dimezzate. Quella specie di anfiteatro dove sognai di portare un’orchestra non c’è più.

L’antico eremo, ricostruito a suo modo da padre Pietro Lavini, è avvolto, nella parte che dà sulla valle, da un intricato intreccio di tubi che ne sostengono lo scivolamento e servono agli specialisti della ditta Alessandrini di porlo in sicurezza.

Una palizzata impedisce l’ingresso all’edificio.

Mi sdraio poco lontano dalla fontanella che invita a non sprecare acqua.

Porto nello zaino l’ultima edizione della Dieta mediterranea-il Tempio della Sibilla del mio amico Lando Siliquini. C’è un capitolo dedicato alla Dama delle Acque. Scorro le pagine. «Il massiccio dei Sibillini è un grande serbatoio di acque delle migliori qualità. Acque che borbogliano nel ventre della montagna; che esplodono in polle sorgive; che sgusciano nei borri; che prorompono in torrenti e cascate; che scorrono a fiumi; che s’acquietano in specchi lacustri; che singhiozzano nei fontanili; che trasudano furtive nel fondo di pozzi secolari; che si spiegano in veli trasparenti percolando dalle rocce; che cristallizzano in cattedrali scintillanti sotto la luna delle terse notti invernali». È il nostro «oro blu, il vero tesoro del XXI secolo». Su di esso, «la Sibilla ne è stata l’austera guardiana, nel ruolo di sacerdotessa di divinità variamente ispirate al prezioso fluido».

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Racconto ad amici toscani la storia della Profetessa e di San Leonardo. Storie di secoli fa. Ma una più recente – e poco conosciuta – riguarda il Monte della Priora dove sorge l’eremo. L’ho tratta sempre dal libro di Siliquini e riguarda un noto giornalista. Luigi Albertini, nativo di Ancona, dirigeva il Corriere della Sera quando i vertici del Fascismo fecero di tutto per esautorarlo data la sua fiera opposizione al regime.

Nel 1925 fu «costretto a vendere le quote e ad abbandonare la gerenza del Corriere». La liquidazione economica gli consentì «di acquistare il castello di Torre in Pietra» con numerosi terreni abbandonati che trasformò in «un centro per eccellenza di produzione di latte e yogurt». Qualche anno dopo, nel 1934, Albertini acquistò la Montagna della Priora. Probabilmente per continuare l’opera iniziata nell’Agro Pontino: costruire filiere agro-alimentari di qualità e produrre economia a partire dalle specificità dei luoghi. Non fece in tempo a portare avanti il suo lungimirante progetto. Morì nel 1941.

«Nel 1965 però – racconta ancora Siliquini – padre Pietro Lavini riusciva ad ottenere in dono dagli eredi Albertini la zona archeologica di San Leonardo».

Negli anni novanta fu la Regione Marche ad ottenere «l’intera proprietà».

di Adolfo Leoni, domenica, 29 luglio 2018, Il Resto del Carlino

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