Fino al 2013, potevi entrare nel suo bar di Torre San Patrizio, ordinare uno spritz, gustarlo senza pensare che la barista è un’anima artistica come poche.
Poi, magari, venendo al Mercato coperto di Fermo, in occasione della manifestazione Intanto, potevi imbatterti in alcuni suoi quadri che ripensavano paesaggi incontrati.
E, ancora, discutendo con alcuni musicisti, venivi a sapere di un’ottima contrabbassista originaria di Torre San Patrizio.
Ecco, in poche righe, la prima storia, sommaria, di Rina Bugiardini, nata «a casa», come ci tiene a sottolineare, nel 1965, in quel di Torre San Patrizio, dove vive tutt’ora. Ne parliamo al fresco di un albero nell’invitante parco di Villa Zara.

La prima impressione è di simpatia. E discrezione. Parla se interrogata, non una parola di più, inframmezzata però da qualche battuta.
Dunque, iniziamo: artista, anzi pittrice. È stata allieva di Giuseppe Pende, all’Istituto d’Arte di Fermo. Di tanto in tanto torna a vedere i quadri del maestro raccolti dal figlio in una sorta di casa-mostra in via Perpenti a Fermo. «La tecnica mista me l’ha insegnata lui», spiega.
Rina, dicevo, dipinge i paesaggi dei luoghi visitati, si lascia emozionare da essi, si fa interrogare. Di Copenaghen, dove torna spesso, ha colto soprattutto il porto turistico. Poi, ci sono gli oli e gli acquarelli del Monte Conero, del Passetto di Ancona, di tanti alberi uno dei quali proprio di Villa Zara. Ad attrarla sono soprattutto i colori. Non dipinge quasi mai persone, giusto i Musici di Copenaghen: due contrabbassisti, un suonatore di xilofono, un chitarrista, incontrati casualmente per le strade della capitale danese.
«Agli esseri umani preferisco la natura», aggiunge scherzando.
Per la prossima edizione dell’ Intanto fermana sta preparando Il Boschetto, immagine tratta da un altro viaggio in Danimarca e da una visita al Museo di Arte contemporanea della Louisiana, a Fredensborg.
Dalla pittura alla scultura. Con la ceramica ha lavorato molto ai tempi della scuola. Recentemente ha realizzato La Ballerina ispirata dalla celebre statua in bronzo di Degas. Quando la vide fu quasi colta dalla sindrome di Stedhal.
Ed ora tocca alla musica. Rina, dopo aver frequentato il Conservatorio di Fermo, si è diplomata in quello di Pescara con il maestro Massimo Giorgi. Ha suonato ripetutamente con l’Orchestra del Conservatorio. Il suo strumento, che in certe composizioni non sempre era impegnato, le ha consentito di «godere appieno lo spettacolo musicale facendo parte dello spettacolo». Purtroppo, in Italia le orchestre sono poche e i soldi ancora meno. Così il contrabbasso è rimasto appoggiato in un angolo dell’appartamento. «Lo spolvero spesso – racconta – e recentemente ho acquistato alcuni libri per riprendere a suonare. Vedremo». Di Mozart ama Il flauto magico e il Don Giovanni. Una vera passione ce l’ha per La Messa da Requiem. Opere e recitativi che ascolta «a casa, a tutto volume, indossando le cuffie».
Come spettatrice non va ai concerti. «Mi provocano il magone», il rimpianto dei suoi concerti.
Il contrabbasso lo collego sempre alle band jazzistiche. Ma Rina il jazz non lo ama. O, meglio, dice di non saperlo suonare, di non aver studiato per l’improvvisazione.
In cucina se la cava. Le chiedo delle sue specialità. Riflette un attimo e risponde: «Il sugo al cinghiale bianco».
Sul comodino della camera da letto, sono appoggiati i libri delle sue ultime letture. Autori preferiti: Garcia Marquez e Aldous Huxley. Prossimamente si cimenterà nell’orweliano 1984.
Se l’arte non paga economicamente e la musica non è fonte di sostentamento, occorre avere anche l’umiltà di fare altro.
In questi mesi, Rina Bugiardini si sta impegnando nel corso per operatore socio-sanitario.
Buona fortuna.
di Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, venerdì 13 luglio 20118
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