L’artigiana Lorella e l’arte dell’abito da sposa

Esile, simpatica, capace. Occhi azzurri, castana di capelli, sguardo arguto, in camice bianco e camicetta a scacchi rosa. Ecco a voi Lorella Pieragostini: maestra artigiana. Il titolo non è mio: glielo ha conferito la Regione Marche.

Sono nel suo atelier di Via Ragazzi del ’99, a Fermo. Due vetrine con manichini da donna e abiti da sposa che Lorella realizza tutti da sola. Sino al 2013 aveva due lavoranti. Poi, ha scelto diversamente. Troppa l’asfissia burocratica. Ed è anche vero l’adagio per cui «chi fa da sé fa per tre».

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Entro nei locali di piano terra. Nel secondo, c’è un grande specchio e una pedana: è lì dove le future signore si guardano e si giudicano. Alle pareti i vestiti nuziali è come se ti abbracciassero. L’atmosfera è tranquilla, nessun rumore. Dalla creazione del modello, al disegno dei particolari sino all’ultima rifinitura ogni passaggio è fatto in casa, usando cervello, mani e macchine per cucire. Macchine e strumenti vari che la nostra maestra ha fatto modificare su suo progetto. Perché Lorella sin da piccola ha avuto due grandi passioni: il disegno di abiti da donna e l’invenzione di piccoli mezzi meccanici che da grande ha perfezionato. Ce n’è uno che consente lo stiraggio dell’abito in quasi verticale così da non lasciar pieghe. Geniale. Le hanno consigliato di brevettarlo. «Forse…». Ci sediamo. Inizia il racconto. Era bambina quando i suoi genitori Orazio e Maria la mandavano alle colonie marine e poi montane. Loro tiravano avanti una pizzeria-bar. Al mare ancora ancora, ma a Penna San Giovanni la coglievano momenti di forte nostalgia. Così, quando i genitori le chiedevano cosa portarle, lei rispondeva: «portatemi un pezzetto di stoffa», un pezzetto per realizzare qualcosa di bello. Come quel croquet che ancora avverte tra le mani.

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Poi, c’è stata nonna Elvira che le ha insegnato l’uncinetto e il lavoro ai ferri. «Nonna Elvira sapeva fare ogni cosa ed era donna saggia». Nella vita professionale di Lorella è pesata anche zia Paola, con il suo grande amore per ago e filo. Mentre studiava da ragioniera, Lorella frequentava sempre più spesso le sarte fermane. Preso il diploma, ha preso anche lo zaino. Per andare a Bologna prima e Firenze dopo, in cerca di una scuola per modellista e figurinista. Sono gli anni ’80-’81. A Firenze c’era la scuola Callegari con una succursale a Pescara. Quel che ci voleva! Due anni di corso e poi il diploma di Modellista, Sviluppatrice di taglie e Figurinista. Il 16 gennaio del 1984 Lorella apriva il suo atelier. Le prime sfilate al Teatro dell’Aquila di Fermo all’interno di Fermo Moda. Un successo.

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Le chiedo i colori più richiesti. Risponde che vanno ad ondate: l’oro, il beige, il rosa, l’argento. «Oggi si tende per le velature». Ad influenzare le scelte sono i film e anche il teatro. E non a caso Lorella è patita di cinema, lirica e commedia. Perché forniscono spunti, fanno scaturire idee. La maggior soddisfazione? «Gli abiti da sposa delle mamme passate alle figlie. È un gran lavoro, certo: occorre smacchiare, smontare, rammendare, costruire un nuovo modello, adattarlo alle forme delle giovani. Pero è bello». Tempo fa le è capitato di restaurarne uno di una nonna: anni ’50. Passiamo a vedere i suoi strumenti: 12 macchine per cucire, un tavolo lunghissimo, la stiratrice obliqua, i suoi cartamodelli, le forbici. Ma su tutto la sua grande passione!

di Adolfo Leoni, Il Resto del Carlino, Giovedì 2 gennaio 2020

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